Dionigi di Alicarnasso, Antichità di Roma, IV, 51, 1-2
Ἕτι δ᾿ ἐν τῇ Συέσσῃ διατρίβοντος αὐτοῦ παρῆν τις ἀγγέλλων ὄτι Σαβίνων ἡ κρατίστη νεότης ἐξελήλυθε καὶ δυσὶ μεγάλοις στρατεύμασιν εἰς τὴν Ῥωμαίων ἐμβαλοῦσα λεηλατεῖ τοὺς ἀγρούς, ἡ μὲν Ἠρήτου πλησίον θεμένη τὸν χάρακα, ἡ δὲ περὶ Φιδήνην, καὶ εἰ μή τις αὐτοις δύναμις ἐναντιωθήσεται, πάντα οἰχήσεται τἀκεῖ. ὡς δὲ ταῦτ᾿ ἤκουσεν, ἐν μὲν τῇ Συέσσῃ βραχύ τι καταλείπει μέρος τῆς στρατιᾶς τά τε λάφυρα καὶ τὴν ἀποσκευὴν φυλάττειν παρακελευσάμενος, τὴν δ᾿ ἄλλην δύναμιν εὔζωνον ἀναλαβὼν ἦγεν ἐπὶ τοὺς πρὸς Ἠρήτῳ κατεστρατοπεδυκότας καὶ τίθεται τὸν χάρακα μετέωρον ὀλίγον τὸ μεταξὺ χωρίον καταλιπών.
Mentre egli era ancora impegnato a Suessa, un messaggero gli portò la notizia che il fiore della gioventù sabina aveva fatto irruzione nel territorio dei Romani con due grossi eserciti che stavano devastando la regione – uno degli eserciti era accampato presso Eretum e l'altro presso Fidene – e che se un esercito non si fosse opposto ogni cosa sarebbe andata distrutta. Quando Tarquinio sentì la notizia, lasciò una piccola parte del suo esercito a Suessa, ordinando di controllare i bottini e i bagagli, e condusse il resto delle sue forze in ordine di marcia contro quella parte di Sabini che era accampata presso Eretum, stabilendo su un'altura l'accampamento a una breve distanza dal nemico.
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